La tutela dei marchi di colore nella definizione della Brand Identity

I segni distintivi “eye catching”, come i marchi di colore, sono sempre più fondamentali nella definizione della brand identity. Si è avuta prova di ciò nel 2021, quando Tiffany per scherzo ha pubblicato sui social una foto della propria “blue box” in colore giallo oro, creando grande sconcerto nel pubblico.

L’art. 7 c.p.i. prevede la possibilità di registrare come marchi tonalità cromatiche. A tale scopo, la CGEU ha chiarito che è sufficiente fornire la sola descrizione verbale del colore, a condizione che questa sia chiara, precisa e completa (per esempio, usando un codice di identificazione riconosciuto) e che, in caso di combinazioni di colori, vengano indicate le porzioni in maniera sistematica, predeterminata e costante.

È complesso, però, ottenere la registrazione dei colori, soprattutto quelli unici, poiché spesso vi è il rischio che si crei una situazione di monopolio sugli stessi. Per questo motivo, la registrazione e la tutela dei marchi di colore si ottiene solo nei casi in cui il richiedente riesce a provare l’acquisizione del carattere distintivo grazie ad un uso concreto tale da portare il pubblico ad associare ad un’impresa i prodotti contraddistinti dagli stessi.

Recentemente in ambito giudiziario si è imposto un orientamento più propenso a riconoscere il potere individualizzante dei colori. Un primo passo è stato compiuto nel 2008, nell’ambito del c.d. caso Ferrari in cui è stata riconosciuta la validità del marchio di fatto “rosso Ferrari” e, qualche anno dopo, nel procedimento instaurato davanti al Tribunale di Torino per la tutela del marchio “jaune-orangé” usato per contraddistinguere lo Champagne Veuve Cliquot. In tali occasioni – e da ultimo recentemente nel caso Tiffany innanzi al Tribunale di Milano – i giudici hanno ribadito l’irrilevanza della presenza del marchio denominativo del contraffattore nella valutazione della confondibilità tra i segni, nonché l’importanza di considerare che il consumatore spesso non può che confrontare i segni solo mentalmente, tramite i ricordi che ha di essi.

Nonostante queste pronunce, però, le decisioni favorevoli alla tutela dei marchi di colore non sono che un numero modesto poiché i tribunali devono considerare anche l'interesse degli altri operatori economici che verrebbero svantaggiati da un’eventuale situazione di monopolio sui colori. Per questo motivo, è essenziale adottare cautele e limitarne la registrazione ai casi in cui viene dimostrato il carattere distintivo dei colori, ossia l’esistenza di un collegamento arbitrario tra questi e i prodotti contraddistinti. Sarà, tuttavia, interessante vedere quale approccio adotterà in futuro la giurisprudenza

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